I progetti che hanno caratterizzato le attività dell’Unità Cellule Staminali durante questi anni sono stati principalmente focalizzati sullo studio della nicchia ematopoietica normale e patologica. La nicchia emopoietica, infatti, costituisce un’unità base essenziale che bilancia la risposta delle cellule staminali ematopoietiche in funzione delle necessità dell’organismo. In particolari casi, è possibile che la nicchia causi malattia portando ad aberrazioni delle funzioni delle staminali stesse o di altre strutture.
Per poter riprodurre fedelmente questi meccanismi, abbiamo realizzato un raffinato modello di organoide (una versione semplificata e miniaturizzata di un organo) che è in grado di mimare la reale architettura della nicchia midollare umana (Serafini et al, Stem Cell Res 2014). Avvalendoci di questo modello, siamo riusciti a dimostrare che la nicchia ematopoietica può essere ricreata non solo utilizzando cellule staminali mesenchimali isolate dal midollo osseo, ma anche mediante l’utilizzo di cellule derivate dal sangue cordonale umano (Pievani A et al, Development 2017). Inoltre, la ricostituzione di una nicchia completamente umanizzata offre uno strumento fondamentale per la comprensione dei meccanismi alla base del funzionamento della nicchia stessa sia in condizioni fisiologiche che patologiche.
Questo modello sperimentale può rappresentare, quindi, un valido sistema per lo studio dell’ematopoiesi patologica, in particolare nell’ambito delle leucemie e delle malattie mielodisplastiche. L’ obiettivo principale dei nostri studi è stato quello di indagare se il modello messo a punto negli ultimi anni potesse essere utilizzato per disegnare un efficiente modello in vivo per lo studio di due malattie, la leucemia mieloide acuta e l’anemia aplastica, considerando che in entrambe queste patologie i difetti a livello del microambiente ematopoietico sembrano essere estremamente rilevanti.
Nell’ambito dello studio sulla anemia aplastica, in collaborazione con i nostri clinici, abbiamo dimostrato che le cellule mesenchimali generate da pazienti pediatrici affetti da questa patologia sono in grado di formare una nicchia ematopoietica completa e funzionale. Questo sembra suggerire che, almeno in questa malattia, non ci sia un difetto nel microambiente midollare e nella sua funzione di supporto all’ematopoiesi (Michelozzi et al, British Journal of Haematology 2016).
Per quanto concerne la leucemia mielode acuta, abbiamo, prima di tutto, disegnato un protocollo in grado di mimare lo sviluppo della malattia nel paziente. Questo sistema, che prevede l’utilizzo di blasti leucemici derivati da pazienti, ha permesso di poter ricreare un modello di nicchia leucemica in grado di riprodurre in concomitanza il microambiente alterato e la malattia (Scientific Reports 2017). Stiamo attualmente lavorando per sfruttare questa modellistica per una migliore comprensione dei meccanismi dell’ematopoiesi maligna e per accelerare lo sviluppo di nuove modalità terapeutiche e di farmaci a bersaglio molecolare.
In particolare, sempre nell’ambito della leucemia mieloide acuta, abbiamo investigato l’interazione del farmaco asparaginasi con diverse tipologie cellulari che hanno un ruolo fondamentale nel meccanismo di azione della nicchia leucemica, concludendo che mentre le cellule staminali mesenchimali e i monociti/macrofagi possono fornire una nicchia protettiva per le cellule leucemiche, questo farmaco ha un effetto citotossico soprattutto sulle cellule staminali leucemiche. Pertanto, queste caratteristiche dovrebbero essere considerate nella progettazione di futuri studi clinici volti a testare l’efficacia di ASNase nei pazienti affetti da leucemia mieloide acuta (British Journal of Hematology, 2019).
Infine, il nostro gruppo si occupa da molti anni di una malattia genetica rara, la mucopolisaccaridosi di tipo I (sindrome di Hurler). In particolare, negli ultimi anni abbiamo sviluppato una strategia terapeutica precoce, basata sul trapianto di midollo osseo in epoca neonatale, dimostrandone l’efficacia sui gravi difetti scheletrici e sui danni a livello degli organi interni che caratterizzano questa malattia (Pievani et al, Blood 2015). Questo studio è proseguito con la dimostrazione che il trapianto in epoca neonatale per questi pazienti potrebbe essere effettuato utilizzando cellule staminali isolate del sangue cordonale di donatori sani, offrendo una prova di concetto fondamentale per una potenziale applicazione in ambito clinico (Azario et al., Scientific Reports 2018).